Scienza e prevenzione, ovvero la scienza della prevenzione, perchè siamo tutti d’accordo che prevenire sia meglio di curare. Però, come? Nel campo della prevenzione delle sostanze d’abuso uno strumento particolarmente valido sembra essere Eu-Dap (sigla per European Drug Addiction Prevention), uno studio che ha coinvolto 9 Paesi europei tra cui l’Italia, 11 centri (tra cui Torino, Novara e L’Aquila), oltre 140 scuole, più di 7.000 adolescenti di età compresa tra i 12-14 anni (nella foto le sedi europee del progetto). Eu-Dap è il primo studio europeo per valutare l’efficacia di interventi scolastici di prevenzione di fumo, alcol e altre droghe.  Si tratta di un programma articolato in 12 unità di un’ora, condotto da insegnanti che ricevono un’apposita formazione, con metodo prevalentemente interattivo; si cerca di fornire agli studenti 3 importanti strumenti: 1) maggior conoscenza sui rischi legati all’uso di tabacco, alcol e sostanze psicoattive che possa favorire un atteggiamento critico nei confronti delle sostanze; 2) correzione delle convinzioni errate sulla diffusione e l’accettazione delle sostanze (molti adolescenti credono che tutti  i loro coetanei usino le varie sostanze); 3) sviluppo di abilità personali e di relazione degli studenti (in inglese: skills). Alla conferenza internazionale di Roma del 17 novembre 2009, un folto gruppo di studiosi della prevenzione ha presentato i primi risultati ottenuti da Eu-Dap, mettendoli a confronto con altre esperienze internazionali, in particolare statunitensi. Dai vari interventi sono emersi diverse indicazioni per provare a costruire una vera e propria scienza della prevenzione, una prevenzione che riesca realmente a perseguire gli obiettivi dichiarati. In primo luogo sembra necessario aumentare la percentuale di interventi interattivi – che favoriscano la partecipazione diretta dei destinatari –  rispetto alle tradizionali lezioni frontali, importanti ma meno efficaci quando si fa prevenzione (oggi solo un quarto della prevenzione prevede metodologie interattive). Bisogna poi tener conto che un certo modo di fornire informazioni può raggiungere esattamente l’obiettivo contrario che ci si era preposti: gli studiosi statunitensi hanno citato in proposito la martellante campagna didemonizzazione della cannabis che ha avuto come unico risultato l’aumento esponenziale dei consumatori e delle persone arrestate negli Stati Uniti per possesso della sostanza. Per quanto riguarda i risultati concreti dell’esperimento, Eu-Dap emergono tre dati: 1) la campagna ha funzionato solo per i maschi, che riducono tutte i consumi delle sostanze esaminate, mentre lascia sostanzialmente inalterata la situazione delle studentesse; 2) il programma funziona bene se previene (evitando l’inizio di un comportamento), meno se cerca di far smettere un uso già iniziato; 3) dopo un anno, purtroppo, si perde la riduzione di consumo del tabacco: l’unica vera abitudine che si stabilizza è la rinuncia ad iniziare l’uso di alcol.

Fabrizio Faggiano, Professore Associato di Igiene presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università del Piemonte Orientale, ha sintetizzato i motivi per cui è così difficile intervenire su alcol e tabacco: intanto, tabacco e alcol nella nostra cultura sono sostanze socialmente accettate; gli studenti a cui ci si rivolge, inoltre,  vivono tra genitori che bevono e fumano, insegnanti e allenatori che fumano (dentro o fuori gli edifici scolastici o le palestre), coetanei e amici che non hanno problemi a bere e fumare; terzo punto, i ragazzi sono continuamente esposti a film e programmi televisivi in cui si vede usare tabacco e alcol; infine, il prezzo di alcol e sigarette è notoriamente legato alle dimensioni della loro diffusione ed attualmente entrambi sono troppo accessibili ai giovani (vedi, per analogia, il boom del consumo di cocaina dopo il crollo del prezzo). Un ultimo dato davvero preoccupante è quello che associa la probabilità di iniziare a fumare di un adolescente in rapporto alla presenza di insegnanti o genitori che fumino. In entrambi i casi il rischio di diventare un fumatore è quasi doppio, rispetto ad un coetaneo i cui genitori o i cui professori non fumino. Nelle scuole in cui il divieto di fumo è assoluto, ossia anche all’esterno delle aule, la percentuale di studenti fumatori è meno del 10%, ma sale al 30% in quelle in cui gli studenti vedono fumare i loro professori. Quindi, la prevenzione potrebbe e dovrebbe cominciare da qui, dai cosiddetti adulti di riferimento e dai padri e dalle madri che danno un cattivo, pessimo esempio. (12-2009)