Allenare gli adolescenti di una squadra giovanile richiede una vasta gamma di competenze. Secondo il prof. Attilio Lombardozzi bisogna avere nel proprio bagaglio culturale alcune capacità comunicative fondamentali. Innanzitutto, bisogna saper trasmettere le informazioni; per chi insegna è il compito primario, ma un conto è saper giocare a pallavolo, un altro conto è permetterne l’apprendimento a piccoli o giovani atleti, con capacità condizionali e cooordinative ancora da sviluppare. Bisogna poi saper stimolare la scoperta: i buoni insegnanti non spiegano mai tutto prima, perché sanno che ogni elemento acquisito esternamente alla spiegazione viene appreso con maggior facilità e profondità. La terza capacità è quella di saper valorizzare l’intuizione e saper risvegliare interessi: chi conosce il mondo della scuola sa chi i migliori docenti sono quelli che sanno essere seduttivi e porgono la loro materia in modo non asettico, ma coinvolgente e originale; per essere dei buoni insegnanti, si deve amare l’insegnamento, ci si deve divertire a insegnare: se non è così, i giovani se ne accorgono: non si può far finta di provar piacere in una attività. Bisogna, inoltre, valorizzare la dimensione interattiva dell’allenamento: l’atleta ideale per un allenatore non è quello che fa tutto ciò che gli si dice, abituato solo ad ubbidire, ma quello che ragiona durante l’allenamento, l’atleta motivato in grado di autogestirsi e magari anche di mettere in difficoltà l’allenatore stesso (pertanto, i giocatori scomodi non vanno emarginati, ma valorizzati). Quinto punto: saper strutturare pochi e chiari concetti chiave; seguendo la strada tracciata da Julio Velasco il compito di un allenatore è quello di semplificare i problemi e per fare questo per ogni fondamentale o tecnica di base e per ogni situazione occorre identificare non più di 4 o 5 punti; questi concetti vengono illustrati e costantemente richiamati all’atleta associandoli a parole chiave in modo che la comunicazione verbale sia rapida e chiara. Sesto: saper accettare gli altri (saper vedere anche con i loro occhi): quindi, conoscere bene l’adolescenza, come periodo della vita, e gli adolescenti in carne ed ossa che alleniamo, come interlocutori con un loro punto di vista che non coincide necessariamente con il nostro; di nuovo, accettare e, se possibile, utilizzare i suggerimenti, gli spunti, le critiche dei giocatori. L’ottava ed ultima capacità è quella di saper creare un clima affettivo, senza il quale tutta la ricchezza e le sfaccettature dell’esperienza umana dell’allenamento si impoverisce, riducendosi a una brutta copia della cattiva educazione scolastica (nella foto Pallavolo di Joseph Seppard, 2001) (2007)