A partire dal 1990 sono diventati disponibili test per rilevare la presenza nel siero di anticorpi anti-HCV. Se la ricerca degli anticorpi contro il virus dell’epatite C è positiva, si esegue di solito un test di conferma per risolvere il problema dei falsi positivi. Negli anni scorsi si usava il RIBA test (Recombinant ImmunoBlot Assay), oggi si preferisce la reazione a catena della polimerasi PCR (Polimerase Chain Reaction) qualitativa, che riesce ad identificare e ad amplificare il materiale genetico del virus. Durante il decorso della malattia si misurano periodicamente – ogni 3 o 6 mesi –  gli enzimi del fegato (transaminasi, Got o Ast e Gpt o Alt)) che possono fornire un’indicazione indiretta sull’infiammazione del fegato. L’enzima Got è presente anche in altri tessuti, oltre al fegato, la Gpt è invece quasi esclusiva del fegato; se vi è sofferenza a livello della cellula epatica, per l’azione del virus, i due enzimi vengono rilasciati nel sangue. Di solito, però, le transaminasi hanno un andamento discontinuo e in una certa percentuale di casi restano normali per tutto il decorso della malattia, anche se il virus si moltiplica nell’organismo (come dimostra il test PCR). Per questo motivo viene spesso richiesta una biopsia del fegato che permetta di capire quanto grave sia l’infiammazione o il danno subito dal fegato. La biopsia epatica serve per valutare due aspetti della malattia: da un lato l’entità della distruzione di cellule epatiche e lo stato di infiammazione del fegato, dall’altro la stadio della malattia con l’indice di fibrosi (con un punteggio che da 0 (fibrosi assente) a 4 (fibrosi periportale).  Permette, inoltre, di decidere se iniziare, o meno, un’eventuale terapia con interferone. Gli interferoni sono sostanze naturali –  sono proteine – che, in quantità minime, vengono prodotte dall’organismo stesso. Alla fine degli anni ’50 si scoprì che stimolano il sistema immunitario e aiutano in tal modo l’organismo a combattere le infezioni virali. Gli interferoni, infatti, non agiscono direttamente sul virus, ma potenziano le difese della cellula infettata. L’interferone alfa è la somma di oltre 20 proteine diverse, che riescono ad inibire tutte le sequenze dell’infezione virale. Da alcuni anni all’interferone alfa viene aggiunto un polimero (il glicole polietilenico) che ne aumenta il tempo di permanenza in circolo. L’interferone pegilato (Ifn Pgn) ha 3 vantaggi: presenta meno effetti collaterali, ha una maggiore efficacia per la minor oscillazione della concentrazione, si somministra una sola volta alla settimana. L’interferone oggi non viene più somministrato da solo, ma in associazione con la ribavirina, una molecola capace di danneggiare il virus HCV provocandogli una serie di mutazioni, ossia dei cambiamenti nella struttura genetica. Prima di iniziare la terapia con interferone e ribavirina è opportuno misurare il numero dei virus dell’epatite C con un test quantitativo PCR.  In tal modo si può valutare quanto virus si trovi nel sangue e documentare in seguito l’eventuale buon esito della terapia. La terapia è ritenuta adeguata quando si ha una drastica riduzione della quantità di virus o, meglio, la sua eliminazione. Per quanto riguarda gli stili di vita le persone con l’epatite C non devono seguire nessuna dieta speciale, ma semplicemente mantenere un’alimentazione variata, equilibrata e povera di grassi; possono, anzi devono, continuare a praticare attività fisica e sport. Per quanto riguarda le relazioni sociali (amici, colleghi di lavoro) non sussiste alcun pericolo di infezione. Anche i bambini con l’epatite C possono convivere tranquillamente con i loro coetanei a scuola e nei luoghi dove si gioca. Il virus dell’epatite C si trasmette raramente con i rapporti sessuali, ma il rischio di contrarre l’infezione, rispetto alla media della popolazione, risulta 4 volte superiore nel corso di rapporti sessuali non protetti; l’uso del preservativo rappresenta, quindi, la soluzione più sicura. Alla fine sembra sufficiente attenersi a 3 regole di comportamento: 1) niente alcol e droghe; il consumo di alcolici influenza negativamente il decorso dell’epatite C e diminuisce l’efficacia della terapia con interferone; sostanze come cocaina e amfetamine, invece, sono direttamente epatotossiche; 2) in caso di ferite o  incidenti, anche nel corso dell’attività sportiva  fare attenzione ad evitare il contatto con il sangue; 3) nella vita di tutti i giorni con i familiari o i conviventi evitare l’uso in comune di spazzolini da denti, forbici, pettini, spazzole, rasoi e lamette da barba: l’uso in comune di bicchieri, piatti e posate non presenta, invece, alcun rischio. (2007)