Invecchiare bene è importante. Le nostre società non hanno inventato la vecchiaia – che è sempre esistita, anche senza supporti medici – ma ne hanno enormemente allargato la disffusione. Quello che nel passato era un privilegio di pochi, oggi è un’aspettativa di gran parte della popolazione, come dimostrano i dati. Al dicembre 2012 in Italia vi erano 15.000 ultracentenari, il triplo rispetto a 10 anni fa e con un rapporto donne – uomini di 5:1. Quasi il 21% della popolazione italiana ha ormai più di 65 anni (era meno del 19% 10 anni fa), quasi il 10% ha più di 75 anni, quasi il 3% ha più di 85 anni. L’invecchiamento della popolazione – in Italia e nei Paesi industrializzati – è uno dei grandi temi del futuro. L’altro tema riguarda come sta avvenendo questo invecchiamento: negli ultimi 100 anni in Italia è aumentata solo laspettativa di vita (lifespan), ma non la qualità degli anni vissuti (healthspan), per la progressiva diffusione di ipertensione, diabete, disturbi cardio-vascolari e tumori, ormai definibili come le 4 grandi pandemie cronico-degenerative. Dobbiamo aver chiaro che invecchiare bene dipende, soprattutto, da tre aspetti.

Da un lato dipende dalla nostra biologia, dalla genetica, ossia dai geni che ci hanno trasmesso i nostri genitori. Questa è, ovviamente, la parte del problema su cui non abbiamo potere decisionale. Un’altra parte del problema si trova nei cosiddetti “determinati di salute”, quell’insieme dei fattori che influenzano lo stato di salute di un individuo e – più estesamente – di una comunità o di una popolazione (il reddito, ad esempio). La terza parte è quella in mano nostra, è quella che dipende dalle nostre scelte. Le nostre scelte su fumo e alcol, ad esempio. Le nostre scelte su ciò che acquistiamo e mangiamo. Le nostre scelte di usare o meno farmaci ad ogni piccolo disturbo. Le nostre scelte, infine, sulla possibilità di vivere bene da soli, facendo a meno degli altri.

La mia esperienza di nutrizionista, ma ancora di più la mia esperienza di persona prossima a questa importante fase della vita, mi fa pensare che vi sia una terna di elementi che ci possono aiutare moltissimo a invecchiare bene.  Il primo elemento è la socialità. Sentirsi vivi e importanti per gli altri – siano figli, amici, parenti o conoscenti – ci mantiene giovani a livello emotivo e intellettivo; le relazioni umane gratificanti – sessualità inclusa – vanno sempre valorizzate e apprezzate. Il secondo elemento è l’attività fisica. Per milioni di anni i nostri antenati dalla mattina alla sera hanno camminato, hanno corso, si sono spostati per lunghe distanze, senza autobus, taxi o autovetture. L’evoluzione ha preso atto di questa realtà e l’ha scritta nel nostro patrimonio genetico: ecco perché la sedentarietàè una malattia. Non era previsto che negli ultimi 50 anni gli esseri umani potessero fare a meno del movimento. Fare movimento in modo progressivo, costante e piacevole è l’unico modo che abbiamo per rispettare la nostra biologia. Il terzo elemento è l’alimentazione. Anche qui la maggior parte dei problemi vengono dalla nostra storia. La nostra è una storia di umanità affamata, alla disperata ricerca di cibi calorici per sopravvivere a carestie, guerre, gelate e siccità che portavano fame. Oggi, ci troviamo ad avere troppo, troppo cibo e troppa poca qualità. Dobbiamo imparare dal passato, mangiando meglio e di meno. Il modello di alimentazione che mette insieme qualità e appetibilità esiste e l’abbiamo inventato noi popoli del Mediterraneo. Una vita sociale ricca, un’adegata attività motoria e cibi di qualità sono i cardini dello stile mediterraneo. (2013)