Olimpiadi di Pechino. Nel 2008 era entrato in vigore il Protocollo di Kyoto sulle emissioni di CO2 (non ratificato dagli USA), mentre il prezzo del petrolio aveva superato per la prima volta i 100 dollari al barile; per l’opposizione di docenti e studenti, il Papa aveva rinunciato a inaugurare l’anno accademico alla Sapienza; il governo Prodi si era dimesso e Fidel Castro aveva rinunciato all’incarico di presidente per il fratello Raúl. In tutto il mondo erano scoppiate le “rivolte del pane” (per l’aumento del costo dei cereali). In Nepal gli ex ribelli armati del Partito Comunista Maoista Nepalese avevano vinto le elezioni; in Italia le elezioni le avevano vinte Berlusconi e la Lega Nord.  In Paraguay l’ex vescovo progressista Fernando Lugo era il nuovo presidente. A maggio in Birmania un ciclone aveva provocato più di 100.000 vittime tra morti e dispersi. L’Inter aveva rivinto il campionato, la Spagna gli Europei di calcio. Il leader nero Barack Obama, aveva superato Hilary Clinton nelle primarie democratiche. Il segretario generale del Partito Comunista Cinese e Presidente della Repubblica Popolare Cinese Hu Jintao aveva ufficialmente inaugurato i Giochi della XXIX Olimpiade l’8 agosto. La cerimonia inaugurale con oltre 15.000 figuranti aveva avuto come regista il grande cineasta Zhang Yimou ed era stata premiata – giustamente – come miglior cerimonia di apertura di tutti i tempi; l’ultimo tedoforo era stato Li Ning, il ginnasta che a Los Angeles nel 1984 aveva vinto tre ori. Molti applausi agli atleti di Tapei, ex Formosa, la cosiddetta Cina nazionalista. Il presidente del Comitato Olimpico Internazionale aveva ribadito l’importanza di gareggiare in maniera pulita, senza doping. Le gare di atletica si erano svolte allo Stadio Nazionale di Pechino, soprannominato “nido d’uccello” per la sua forma.  Il giamaicano Usain Bolt, 22 anni compiuti proprio durante le Olimpiadi, alto quasi 2 metri, aveva vinto le tre gare della velocità con 3 record del mondo: oro nei 100 m in 9’’69; oro nei  200 in 19’’30, cancellando il 19’’32 di Michael Johnson; oro nella 4 x 100 (nella foto) in 37’’10 con l’altro grande velocista giamaicano Asafa Powell (demolito il vecchio record statunitense di 3 decimi); nei 100 femminili tripletta giamaicana; oro a Shelly Ann Frazer con un eccellente 10’’78; nei 200 riconferma di Veronica Campbell a distanza di 4 anni; gli statunitensi per la prima volta nella storia olimpica non avevano vinto nessuna gara di velocità, lasciando 5 ori su 6 alla Giamaica: un bottino straordinario per un paese “povero” di neanche tre milioni di abitanti. Gli USA si erano parzialmente rifatti con le triplette nei 400 – oro a La Shawn Merritt che poi verrà squalificato per doping – nei 400 ostacoli – secondo oro a Angelo Taylor dopo Sidney – e con il titolo nella 4 x400 (ancora Merritt e Taylor); nei 100 ostacoli oro al cubano D.R. Planes, detentore del record mondiale 12″87, dopo la rinuncia dell’idolo di casa Xiang Liu. Nel fondo e mezzofondo avevano dominato, come al solito, gli atleti keniani ed etiopi: su 5.000 e 10.000 metri doppiette del grandissimo Kenenisa Bekele (doppio oro, 28 anni dopo l’etiope Yfter) e della Dibaba, entrambi etiopi; negli 800 oro a Bungei, nei 1500 a Kiprop, nei 3000 siepi a Kipruto: tutti e tre del Kenia; altri 3 ori keniani nella maratona maschile – partita da Piazza Tienammen – e negli 800 e nei 3000 siepi femminili. In campo femminile protagonista l’astista russa Yelena Isinbayeva, che aveva stabilito il suo ventiquattresimo record mondiale a 5,05 m; per l’Italia solo due medaglie, nella marcia, oro a Schwazer nella 50 km, bronzo alla Rigando nella 20 km.  Alla fine delle gare di atletica, le medaglie d’oro erano finite quasi tutte ad atleti di 5 nazioni: Usa, Russia, Giamaica, Kenya ed Etiopia. Dominio cinese nella ginnastica sia in campo maschile che in campo femminile: delle 17 medaglie d’oro assegnate, la Cina ne aveva vinte 11, lasciando le briciole a USA, Russia, Romania, Polonia e Nord Corea. Nel nuoto statunitensi e australiani avevano fatto il solito pieno di medaglie: 12 ori ai primi e 6 ai secondi, su 34 titoli assegnati. Dopo i 6 ori di Atene lo statunitense Michael Phelps si era ulteriormente migliorato: 8 ori, di cui 5 individuali (200 s.l., 100 e 200 delfino, 200 e 400 misti) e le 3 staffette (4 x 100 e 4x 200 s.l., 4x 100 misti). In campo femminile 3 ori all’australiana Stephanie Rice e il primo, storico oro azzurro, nei 200 m stile libero, di Federica Pellegrini; argento per Alessia Filippi negli 800; l’oro australiano dalla piattaforma, aveva impedito il clamoroso en plein cinese nei tuffi, che avevano vinto 7 ori su 8, sempre con distacchi abissali sugli atleti degli altri Paesi. I ciclisti britannici avevano confermato le grandi tradizioni su pista vincendo 8 delle 18 medaglie d’oro; lo svizzero Cancellara aveva vinto l’oro nella cronometro e l’argento nella corsa in linea; per l’Italia solo delusioni e il terzo posto della Guderzo nella gara in linea (segue)