Nel 1968 avevo 10 anni quando nel terremoto del Belice in Sicilia morirono quasi 400 persone; a Roma a Valle Giulia erano iniziati gli scontri tra studenti e polizia. Il sessantotto fu l’anno del Maggio francese, del duplice assassinio di Robert Kennedy e di Martin Luther King, della Primavera di Praga e dell’invasione sovietica, delle lotte antirazziste e della protesta studentesca contro la guerra statunitense in Vietnam. Pochi giorni prima della cerimonia di inaugurazione delel Olimpiadi, vi fu una strage, ancora oggi senza cifre ufficiali. La polizia messicana era entrata nelle università per far cessare le proteste degli studenti contro il Presidente e aveva ordinato l’occupazione militare dell’Università di Città del Messico, ma nella notte tra il 2 e il 3 di ottobre gli studenti si erano dati appuntamento in Piazza Tre Culture per manifestare il diritto alla protesta. Il governo aveva risposto in modo brutale sparando agli studenti uccidendone quasi 300 (stima reale rispetto alle 34 vittime ammesse dalle fonti ufficiali). Nonostante la strage e le proteste che ne erano seguite, il CIO decise che le Olimpiadi si sarebbero svolte regolarmente. Il 12 ottobre 1968, pertanto, le XIX Olimpiadi iniziarono. Per la prima volta la fiaccola con la fiamma olimpica fu portata all’interno dello stadio da una donna. Le due Germanie iniziarono da allora a gareggiare divise (fino a Barcellona nel 1992); la Cina, presente solo nel 1952 a Helsinky, continuò a non partecipare. Nell’atletica, prima dei giochi, molti avevano espresso perplessità sul fatto di gareggiare a 2.600 m sul livello del mare. Gli eccezionali record stabiliti da atleti afroamericani degli USA smentirono queste ipotesi: nei 100 m Jim Hines vinse l’oro con il record mondiale di 9’’95; nei 200 m Tommie Smith prese oro e record mondiale con 19’’83; Hines e Smith non furono gli unici recordmen: Lee Evans, oro e record mondiale nei 400 m con 43’’86; Bob Beamon, oro e record mondiale nel salto in lungo con 8,90 m; il sovietico Victor Sanejev, nel salto triplo oro e record mondiale con 17,39 (bronzo al nostro Giuseppe Gentile); nel salto in alto Richard Fosbury vinse l’oro con 2,24 m e – con lo scavalcamento dorsale – cambiò per sempre la tecnica di salto; oro e record mondiale anche per la staffetta USA veloce (39’’23 nella 4 x 100) e per la staffetta USA 4 x 400. Gli Stati Uniti vinsero, con i loro atleti afro-americani, 15 ori su 38. Ma a Città del Messico non ci furono solo record e medaglie. Durante la premiazione dei 200 metri piani, Tommie Smith (nella foto) e il suo connazionale John Carlos, terzo classificato, alzarono il pugno chiuso guantato in nero in segno di protesta contro il razzismo e a favore del “black power” (potere nero).  Il giorno dopo Lee Evans, Larry James e Ron Freeman, primo secondo e terzo nei 400 metri, salirono sul podio a piedi nudi, con il pugno alzato e con il basco scuro delle Pantere nere. Gli atleti neri autori della clamorosa protesta furono espulsi dal villaggio olimpico e sospesi dalla Federazione USA, ma il loro gesto è ancora oggi il simbolo di quelle olimpiadi. (segue)